Chi osserva con attenzione i quadri del Canaletto o di altri pittori del 500 che ritraevano il bacino di San Marco può notare la presenza, costante, di una galea. E’ rappresentata con i remi issati e una lunga tela a bande rosse e giallo oro la ricopre in tutta la sua lunghezza.
E l’immagine di una galea tutta particolare che venne ancorata al Bacino di S. Marco, proprio davanti alle colonne di Marco e Todaro nei primi del 1500, e chiamata Galea FUSTA: da frusta, uno strumento che veniva usato sui galeotti che scontavano delle pene nelle carceri veneziane
Una volta scontata la pena ai galeotti, prima di riprendere una vita normale, veniva data l’opportunità di servire la
Marina della Serenissima attraverso il loro lavoro di rematori: La Fusta era quindi una “nave scuola”, in cui gli ex prigionieri stessi venivano alloggiati assieme ai rematori mercenari, ma al contrario di questi, non avevano il permesso di scendere a terra.
Una volta al giorno i condannati dovevano svolgere l’attività della voga, e la galea stessa aveva funzione di controllo sulle navi che entravano di giorno e di notte nel bacino di S. Marco.
Dopo aver dato prova di abilità e capacità marinaresca i galeotti diventavano mercenari, e potevano svolgere la loro vita di marinai, ritornando quindi, quando le loro galee, dopo le varie spedizioni fossero attraccate, a svolgere la vita comune degli agli altri veneziani.
Queste erano le strategie della Serenissima, Repubblica forte e severa, a volte perfino crudele, ma che aveva in gran cura la preparazione, l’esperienza e le capacità dei propri uomini, elementi determinanti per il suo sviluppo e la sua potenza nei mari perchè dal mare traeva la vita e la sua ricchezza.
La “fusta” intorno agli anni venti del settecento su disposizione dei “Provveditori all’Armar”viene impiegata , oltre che “ciurme di galeotti” anche per “ricovero dei pazzi”.
Tale impiego trovò successivamente risposta nel ricovero dei folli, dietro pagamento di una retta, presso l’Ospedale Militare di S. Servolo.
Maggiori e dettagliatissime informazioni in merito alla “fusta” si potranno trovare nel libro di Nelli-Elena Vanzan Marchini “I MALI ED I RIMEDI DELLA SERENISSIMA” al capitolo “La nave della follia” (Neri Pozza Editore).
Giuliano Dalla Venezia
Ciao, scusa per la domanda, volevo chiederti quali sarebbero i pittori del Cinquecento che ritraggono la fusta nel bacino di San Marco. Grazie in anticipo per la risposta.
Poiché nel precedente mio commento ho visto che non compare l’indirizzo e-mail, lo fornisco adesso cogliendo l’occasione per chiedere dove sia stata presa l’informazione che “fusta” derivi da “frusta”. Di nuovo grazie in anticipo per l’eventuale risposta.