Carlo Goldoni e Carlo Gozzi: due grandi autori in eterna polemica, espressioni diverse del Teatro Veneziano.

220px-Carlo_Goldoni.jpgdell'abate Chiari.jpglibro dell'abate chiari.jpgCarlo Goldoni, il “narratore” della Venezia settecentesca fu molto amato ed apprezzato dal pubblico e da altri artisti famosissimi dell’epoca, come Goethe, ma venne bersagliato da critiche e da polemiche prima da parte dell’abate Chiari, modesto letterato convinto, a torto, del proprio valore, ed in seguito da Carlo Gozzi.

Bisogna considerare che all’epoca bmarcello.jpgil teatro a Venezia era vivo e si collegava in modo determinantre alla vita della Società del tempo: basta pensare al sottotitolo del “Teatro alla moda” di Benedetto Marcello per considerare il gran numero di persone che vi lavoravano “Metodo facile, sicuro per ben comporre, ed eseguire Opere italiane in  musica all’uso moderno, nel quale si danno avvertimenti utili e necessari a Poeti, , Compositori di Musica, musici dell’uno e dell’altro sesso , Impresari, Suonatori, ingegneri, pittori di scene, parti buffe, Sarti, Paggi, Comparse, suggeritori, copisti, protettori e Madri di virtuose, ed altre persone appertenenti al Teatro”.

Tutti questi consigli sono dati in tono ironico all’epoca del libro del 1721 e illuminano una zona della vita veneziana del tempo che trova corrispondenze precise nella vita sociale e artistica un pò comune alla situazione del Teatro italiano del 700.

i rusteghi.jpgla triologia della villeggiatura.jpgLe Baruffe chiozzotte.jpgPer Goldoni la polemica si inasprisce negli anni in cui compie alcuni suoi capolavori come ” I Rusteghi”, ” Le smanie per la villeggiatura”, ” Sior Todaro Brontolon”, ” Le Baruffe Chiozzotte”, dal 1760 al 1762, anni nei quali viene dato un riconoscimento sempre più ampio della sua arte comica.

Carlo Gozzi.jpgIl Conte Carlo Gozzi, uomo legato al passato critica e disprezza le opere di Goldoni perchè nella sua natura di conservatore ritiene , che la struttura sociale in cui viene ambientata l’opera del suo rivale non sia più quella della Repubblica di Venezia, non tanto come riforma teatrale la peculiarità delle opere di Goldoni, qwuanto un preavvertimento della precarietà del mondo che lo circondava, la sofferta sensazione di disgregamento d’un sistema di vita che testimoniava nella seconda metà del settecento i segni del declino della Serenissima.

Il Gozzi, nei suoi lavori letterari, è dotato di ironia e ama il mordente della satira, e mentre può trovare un facile bersaglio nelle modeste opere dell’Abate Chiari, non può criticare così Carlo_Goldoni.jpgCmpiello del Goldoni.jpgapertamente ed aspramente l’arte di Goldoni, che aveva invece resi sempre più corali i nessi compositi delle sue commedie, fino al capolavoro “Le baruffe Chiozzotte”, in una cerchia popolare e borghese.

Il nuovo teatro, secondo Gozzi, aveva tradito le invenzioni di fantasia e quell’anelito di evasione che erano sempre stati ansiosamente ricercate negli spettacoli di creazione Veneziana, specie nell’opera lirica, che di adattavano perfettamente a quella suggestione poetica e favolistica, cercando di ottenere l’illusione teatrale di indirizzo elegiaco ed arcadico.

Carlo Gozzi opere.jpgl'amore delle tre melarance 1.jpgProkopfiev.jpgE’ questa l’espressione precisa dei lavori di Carlo Gozzi: il teatro di fiaba come l’amore delle tre melarance” e “Turandot”porta il pubblico in un mondo ironico, divertente, sul filo della commedia dell’arte, delle maschere, della rappresentazione di un Turandot 1.jpgTurandot.jpgpuccinigiacomo.jpgOriente favoloso e di una comicità che si libera del realismo quotidiano, mentre da Ruzzante a Goldoni le commedie riflettono saldamente la realtà e portano il timbro della voce del popolo.

“Turandot” venne rappresentata a Venezia nel 1762, fu tradotta in tedesco da Sciller e messa in scena al teatro di Weimar da Goethe (che molto ammirava Gozzi) Nel novecento venne musicata da Ferruccio Busoni, ed infine Giacomo Puccini espresse uno dei suoi massimi capolavori.

“L’amore delle tre melarance”, rappresentata nel 1761 al Teatro S. Samuele, venne musicata nel 1921 da Serghey Prokofiev, con un adattamento del libretto fatto dallo stesso musicista.

Goethe.jpgGoethe racconta dettagliatamente del suo incontro con il teatro veneziano, con le opere ed i balletti. L’incontro che il poeta ricorda con più entusiasmo è quello con “Le baruffe chiozzotte” di Goldoni, la sera del 10 ottobre rappresentata al Teatro S. Luca dalla compagnia di Antonio Sacchi: ” Non ho mai assistito, dice Goethe, in vita mia ad un’esplosione di giubilo come quella cui si è abbandonato il pubblico a vedersi riprodotto con tanta naturalezza. E’ stato un continuo ridere di pazza gioia dal principio alla fine”.

In seguito a Roma il poeta tedesco ebbe modo di assistere alla rappresentazione della “Locandiera”: ” anche qui la base su cui si regge lo spettacolo è il pubblico; gli spettatori sono a loro volta attori e così la folla si fonde completamente con lo spettacolo”.

l'ultima sera di Carnevale.jpgCarlo  Goldoni 2.jpgPurtroppo, amareggiato dalle polemiche il più amato dei commediografi Veneziani, voce del popolo decise di trasferirsi a Parigi, e lasciò al suo pubblico come congedo la figura allegorica nella sua opera d’addio ” Una delle ultime sere di Carnevale”. ” Anzoletto, disegnatore per ricami chiamato in Russia da suoi clienti, e non è tanto una venatura di nostalgia preventiva, di commozione aperta, quanto la maniera con cui si concreta in una scena festosa e variopinta, in una cena di ultima sera di carnevale, e dunque non in forme patetiche, ma in un rinnovato omaggio alla vitalità sderena di una società attiva e fiduciosa, in una replicata prova della simpatia poetica del Goldoni per il suo mondo più vero” ( W. Binni in Storia della letteratura italiana – il Settecento- Milano 1968).
 

 

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