Maria Maddalena, Giuseppe d’Arimatea e le tracce della Passione di Cristo a Venezia

Maria_Maddalena.jpgMeravigliosi misteri e storie da valutare: lascio a chiunque la possibilità di fare le proprie scelte! Venezia e la sua reliquia, mistica, del Sangue di Cristo: come già scrissi , nella Basilica dei Frari c’è il reliquario con i resti del sangue di Gesù Crocefisso, si dice raccolti da Maria Maddalena, quando il corpo, seguendo le tradizioni ebraiche, venne ripulito e cosparso di oli, ed appunto la teca “contenente questa reliquia” , conservata presso la Basilica dei Frari è stata vagliata, e questa valutazione ha portato alla consapevolezza che in quella teca è conservato sangue essiccato misto ad oli.

Il prezioso reperto venne trafugato dalla Chiesa di S. Cristina a Costantinopoli dal condottiero, Provveditore del Senato della Serenissima e capitano di terra e di mare Melchiorre Trevisan, nel 1479.

Chiesa dei Frari a Venezia.jpgAltareReliquie.jpgRitornato in patria il condottiero donò la preziosa reliquia, nel 1480 ai frati minoriti della Chiesa dei Frari. E qui da allora è conservata, contenuta in una boccetta di cristallo, racchiusa in un reliquario realizzato da uno dei più grandi orafi, Evangelista Vidulich, che, nativo di Zara, si era trasferito a Venezia (da Committenze Artistiche di Nikola Jaksic). Il tutto contenuto in un preziosissimo ed enorme porta reliquie.

Monumento a Melchiorre Trevisan ai Frari.jpgPer i suoi servigi alla Serenissima a Melchiorre Trevisan venne donato il Palazzo Cappello Trevisan in Canonica, dietro San Marco, decorato splendidamente con marmi policromi, e venne eretto un monumento funebre consistente in una statua che lo rappresenta , scolpita da Lorenzo Bregno e collocata nella Cappella a lui dedicata ,nella Basilica dei Frari.

Il Trevisan morì nel 1500 a Cefalonia.

AndreaDandolo.jpgDoge Andrea Dandolo.jpgSi presume che anche a San Marco, nella gloriosa Basilica, vi sia un’altra teca contenente il prezioso liquido: tutto ciò nasce dal racconto di Andrea Dandolo (1306-1354), il Doge bellissimo, uomo estremamente colto, laureato a Padova, nipote di quell’Enrico Dandolo che, per diversi motivi ( e ne parleremo in seguito) fece parte della quarta crociata.

San Longinio.jpgNella sua “Cronaca di Venezia”, il doge racconta che il celebre avo avrebbe ottenuto l’autorizzazione a portar via da Costantinopoli ben quattro reliquie: una croce d’oro appartenuta a Costantino, un braccio di San Giorgio martire, una parte della testa di Giovanni il Battista ed un’ampolla contenente il sangue di Gesù, raccolto da Giuseppe d’Arimatea quando il centurione Longino colpì al costato Gesù crocefisso, e ritrovata da Elena, madre di Costantino, imperatore d’Oriente. Si sa inoltre che altre “testimonianze” della passione di Cristo vennero portate a Venezia in quell’occasione: un chiodo con cui era stato trafitto Gesù,( un altro si trova custodito nella chiesetta gotica all’interno delle Gallerie Giuseppe d'Arimatea.jpgEnrico Dandolo.jpgdell’Accademia) due spine della corona con cui crudelmente venne “incoronato”e una parte dell’asta con cui era stata porta la spugna imbevuta d’aceto al moribondo. Ultima, ma importante e “moltiplicata” la reliquia della santissima croce, custodita sia col tesoro di San Marco, sia nella Scuola Grande di S. Giovanni Evangelista.

L’intenzione di rendere onorevole la razzìa di Enrico Dandolo nelle chiese di Costantinopoli con un atto di omaggio a lui dedicato è alquanto curiosa, ma comprensibile visto che l’autore parla di un antenato, uomo all’avanguardia e straordinario che con la sua politica aveva reso la Serenissima potente ed ammirata.

Comunque sia dell’ampolla contenente il sangue di Cristo si parla, sempre nelle Cronache in occasione di un furioso incendio che nel 1231 distrusse parte del “Santuario”, dove venivano conservate le reliquie da cui miracolosamente si salvarono i frammenti della Santissima Croce e l’ampolla contenente il sangue che recava un cartoncino legato al collo Spina della Corona nel Tesoro di S. Marco.jpg250px-Scuola_di_San_Giovanni_Evangelista.jpgnel quale era scritto:” Sanguinis Christi”.

Gallerie dell'Accademia.jpgIn seguito, grazie ad un inventario compilato nel 1283 in cui erano descritte le reliquie viene menzionata una ” ampulla una de cristallo in qua est sanguis Salvatoris nostri Jesus Chirsti ornata auro et una perla desuper et est in quadam ecclesia argenti”.

O tramite le mani amorevoli della Maria Maddalena, o per il gesto pietoso di Giuseppe d’Arimatea, comunque sia, chi crede non può fare a meno di avvicinarsi un pò di più al mistero del figlio di Dio fatto uomo, e che ha donato il suo sangue per l’umanità.

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